domenica 20 novembre 2005

tino sehgal, da michele zamparutti

ecco invece cosa è successo a un mio collega delle performances.

Unendo le informazioni datemi dalla curatrice e quelle inserite nel catalogo, ma soprattutto, seguendo le reazioni che ho raccolto dopo le prime esecuzioni, ho cercato di mantenere alla fine di ogni ripetizione l’atteggiamento più aperto e disteso, sia del volto che del corpo, cercando così di sollecitare una richiesta di spiegazione da parte del pubblico, dato che mi è stato chiaro sin da subito che pochissimi hanno capito cosa stavo facendo lì.
Penso che spesso la gente non abbia addirittura capito che si trattasse di un’opera d’arte.
Sembrava che avessero tutti paura: o di me come persona e del mio comportamento che non riuscivano ad inquadrare, o forse temevano semplicemente una brutta figura confessando di non aver capito.

Molti sono scappati nella sala successiva non appena finivo di pronunciare la didascalia; allora la completavo da solo e loro si riaffacciavano alla porta; li guardavo e scappavano via di nuovo.